Intervento fuori programma:
Due dispositivi di trasmissione utilizzati dalle organizzazioni di intelligence
In occasione del Convegno è stato possibile illustrare, con un breve ed estemporaneo intervento di Vito IZ0GNY, due oggetti particolarissimi con strette analogie tra loro ma di provenienza molto diversa, che crediamo si siano trovati assieme per la prima volta in assoluto.
Uno di questi è un rarissimo dispositivo usato dagli agenti dell’Intelligence italiana durante la Seconda Guerra Mondiale per trasmettere con facilità messaggi cifrati, un esemplare del quale è conservato nella Collezione Cremona esposta a Colleferro, che il Generale è stato così cortese da portare con sé. In sostanza si tratta di una tavoletta con delle incisioni, una per ogni cifra da 0 a 9 più una per trasmettere “errore”, sul fondo delle quali ci sono contatti di diversa lunghezza per creare i punti o le linee. Collegata a un trasmettitore al posto del tasto telegrafico, questa tavoletta (realizzata dalla Geloso) consentiva persino a chi non conosceva la telegrafia, purché percorresse il più possibile a velocità costante le incisioni con uno stilo conduttore, di chiudere il circuito di trasmissione e inviare con sicurezza le serie di numeri costituenti il messaggio (cifrato, appunto) come se lo avesse fatto col tasto.
L’altro oggetto, appartenente alla collezione di Vito IZ0GNY, è un dispositivo di fabbricazione sovietica utilizzato durante la Guerra Fredda, quindi negli anni Sessanta-Settanta. Era in dotazione agli apparati tipo R-350/R-350M di cui venivano forniti gli agenti del KGB, perciò è piuttosto raro anch’esso.
Rispetto all’apparecchio italiano quello sovietico ha due facilities in più. Infatti la tavoletta con i contatti (del tutto simile a quella italiana ma più piccola) è fissata a una scatola metallica da cui fuoriescono la leva e il pomolo di un tasto Morse tradizionale, e in più c’è un dispositivo per la trasmissione burst, ossia a velocità elevatissima in modo da ridurre la possibilità di venire intercettati. Per fare ciò innanzitutto si riportava il proprio messaggio cifrato su una normale pellicola fotografica formato 35 mm, perforandola opportunamente con una fustella. La pellicola veniva poi introdotta in una fessura del dispositivo, e girando la manovella i fori, esplorati da un contatto “tastatore”, facevano chiudere il circuito e così si trasmetteva l'intero messaggio in pochi attimi, il tempo di qualche giro di manovella.
Il corrispondente “oltre cortina”, che conosceva frequenza e ora della trasmissione, si premurava di registrarla e poi ascoltandola a velocità più bassa trascriveva il messaggio.
Questi due apparecchi, provenienti da “fronti” decisamente diversi, rappresentano una “nicchia” degli impieghi della telegrafia, poco conosciuta ma non per questo con meno fascino, tecnico e storico.