Il Trik un tasto non convenzionale.

 

 

TRICK

 tasto telegrafico con astuzia… anzi due… anzi tre !

Vito Rustia, IZØGNY, IQRP 656  e Claudio Primerano, IZØHHH

 

L'argomento di quanto viene qui descritto è stato oggetto di alcuni articoli, degli stessi autori, apparsi a fini amatoriali su RadioKit Elettronica di ottobre 2009 e su RadioRivista di gennaio e febbraio 2010.

 

Premessa

Correva l'anno 1844 quando Samuel Finley Breese Morse inviò il primo messaggio su lunga distanza col suo sistema elettromagnetico di trasmissione via filo, utilizzando un tasto realizzato dal suo socio Vail (figura 1). Era nato quello che da allora verrà conosciuto come telegrafo. Per la prima volta succedeva qualcosa di incredibile: si potevano trasmettere informazioni senza trasportare fisicamente il loro supporto cartaceo, era sufficiente solo disporre di un lungo filo elettrico. Fu qualcosa di davvero incredibile, che avrebbe cambiato l'esistenza umana e dato stimolo a tante innovazioni, che a distanza di 170 anni continuamo ancora a stupirci e ad aumentare.

 

Figura 1 - Il famoso e antesignano tasto di Vail
Figura 1 - Il famoso e antesignano tasto di Vail

 

 

L' idea

In tutti questi anni, con l'obiettivo di migliorarne le prestazioni, la parte “massiva” dei tasti telegrafici si è complicata, ma i principi di base sono di fatto rimasti sempre i medesimi.

Tutto questo apparente immobilismo è perdurato mentre il mondo della tecnologia subiva trasformazioni importanti. Decisivo è stato  l'avvento dell'elettronica, che ai tempi di Morse era totalmente sconosciuta. Ci sono stati alcuni tentativi di tasti innovativi, che non hanno mai avuto molti seguaci. Quasi per gioco, più che per convinzione, abbiamo provato a tentare una nuova strada.

L'idea è venuta occasionalmente quando abbiamo provato a valutare la forza occorrente per azionare un tasto tradizionale; per fare questo abbiamo appoggiato un “camel back” sul piatto di una bilancia elettronica ed abbiamo avuto conferma che per chiudere il contatto si esercita una forza_peso compreso tra i 200 ed i 400 grammi. L'innovazione era dunque già sul piatto, perchè il dispositivo che stavamo impiegando è un trasduttore, in grado di rilevare per via elettrica una forza. La sua sensibilità inoltre permette di rilevare pesi anche minimi dell'ordine di pochi grammi. Questa poteva essere una via da sperimentare.

 

 

 

 

Il sensore

La vittima sacrificale della sperimentazione è stata una bilancia “made in China” con un un fondo scala di 5-7 kg e costo di circa 8 euro; aprendo il dispositivo, abbiamo potuto finalmente esaminare il sensore dinamometrico. Il cuore del sistema di misura è costituito da un estensimetro incollato su una barretta di alluminio, come visibile qui sotto in figura 2.

 

 

Figura 2 - Estensimetro
Figura 2 - Estensimetro

 

 

Per chi volesse sapere su quale principio si basa il trasduttore di spostamento, diciamo subito che si tratta di una piccola serpentina di rame stampata su pellicola isolante, che viene incollata sull'oggetto da misurare. Quando la barra si flette il filo si stira, cioè la sua lunghezza aumenta e contemporneamente la sua sezione si riduce; questi due fenomeni comportano l'aumento della resistenza del filo, come espresso dalla seconda legge di Ohm. Seppur piccola questa variazione può essere rilevata e associata allo spostamento subìto dalla barra, e quindi alla forza che lo ha provocato (è il principio espresso dalla legge di Hooke).

 

 

Figura 3 - Rappresentazione grafica del "rilevatore"
Figura 3 - Rappresentazione grafica del "rilevatore"

 

 

 

Nel nostro caso il sensore di cui sopra non è visibile perchè protetto da un sottile strato di gomma dalla quale fuoriescono quattro fili; due di questi (il rosso e il nero) hanno i colori tipici dell'alimentazione in continua (5 volt) mentre gli altri (il bianco e il verde) conducono il segnale, che è una tensione variabile sotto l'azione del peso.

Non è superfluo aggiungere che mentre nello schema classico il tasto è riducibile nella maggior parte dei casi a una leva di primo genere, nel nostro sistema, il riferimento è assimilabile a una trave incastrata, come presentato sotto in figura 4.

 

 

 

Figura 4 - Posizione del "rilevatore" sulla barra in alluminio
Figura 4 - Posizione del "rilevatore" sulla barra in alluminio

 

 

Il circuito elettrico

La nostra cella di carico quindi è costituita da uno o più estensimentri elettrici, che realizzano nel loro complesso un ponte di Wheatstone (v. figura 5), adatto a rilevare variazioni di resistenza. La misura viene ricavata in relazione allo sbilanciamento del ponte al variare del carico, che nel caso specifico del tasto telegrafico è la forza esercitata dal polso del marconista e trasmessa dai polpastrelli della mano sul pomolo. Per inciso ricordiamo che il ponte è costituito da resistenze, ma il segnale da misurare è una caduta di tensione.

 

 

 

Figura 5 - Schema del noto ponte di Wheatstone
Figura 5 - Schema del noto ponte di Wheatstone

 

 

L'elettronica serve a condizionare il segnale e consentire, alla fine della catena di misura, la chiusura del contatto tramite un relay.

Gli stadi del sistema prevedono quindi i seguenti elementi:

a)      Un amplificatore del segnale del ponte, per esaltare i deboli valori forniti dalla cella.

b)      Un comparatore, per definire e discriminare il valore di zero (on/off ovvero chiuso/aperto)

c)     Un driver di corrente, che altro non è se non un transistor di media potenza,  per azionare la bobina di un relay

Nella successiva figura è visibile lo schema elettrico adottato per il caso più semplice (tasto verticale). L'uso (innovativo) del trasduttore presenta molti vantaggi in quanto consente di gestire il segnale come si preferisce.

 

Figura 6 - Schema elettrico del tasto verticale
Figura 6 - Schema elettrico del tasto verticale

 

 

Esaminando il comportamento della cella si è notato che essa risponde non solo quando il tasto viene premuto, ma anche, cambiando di segno, quando il tasto viene sollevato. Questa proprietà è utilissima qualora si volessero realizzare tasti più complessi come il single lever (tasto monopala).

 

Quest'ultima realizzazione (figura 7) richiede tuttavia un doppio circuito elettrico, che permette inoltre di ricavare la condizione di “sidesweeper” cortocircuitando i terminali dei relays. Sottolineiamo che per quanto detto sino ad ora è sufficiente l'impiego di una singola barretta strumentata (proveniente dalla cannibalizzazione di una bilancia).

 

 

 

Fig. 7 - La versione monopala che può essere usata come paddle o volendo anche come sidesweeper
Fig. 7 - La versione monopala che può essere usata come paddle o volendo anche come sidesweeper

 

 

 

Per lo schema del tasto di tipo jambic (doppia pala) è indispensabile disporre di due barrette strumentate (provenienti quindi da due bilance).

 

 

Il nome del tasto, TriK, ricorda l'espressione "Triple Key" poiché il trasduttore può venire montato verticalmente od orizzontalmente e quindi assolvere alle tre funzioni di tasto verticale, paddle o sideswiper, ma suona in inglese anche come trucco (trick) perché non esistono regolatori o interruttori meccanici a differenza di tutti gli altri tasti sinora realizzati.

 

 

 

Figura 8 - Il tasto denominato "prisma": tutto in uno, verticale, paddle, sideswiper, a seconda di come lo si posiziona
Figura 8 - Il tasto denominato "prisma": tutto in uno, verticale, paddle, sideswiper, a seconda di come lo si posiziona

 

 

 

Conclusioni

Come abbiamo visto il Trik non ha molle (almeno nel senso tradizionale) e non ha cerniere, non ha parti in movimento e quindi non ha “corsa”.

Può essere azionato da forze lievissime (anche se questa non è la soluzione migliore), regolabili con un potenziometro .

La parte meccanica è davvero banale, in quanto è sufficiente fissare la cella di carico alla base con due viti, nulla di più. Di contro è necessario introdurre una parte elettronica che nel tasto tradizionale non è presente.

La versione che noi abbiamo definito “prisma” può essere utilizzata come tasto verticale e come paddle, basta ruotare il dispositivo sul tavolo (si veda la figura 8).

 

Rimaniamo naturalmente volentieri a disposizione di chi volesse sperimentare ancora e desiderasse ulteriori delucidazioni; ad esempio un'evoluzione potrebbe andare nella direzione della miniaturizzazione dell'elettronica, o in una diversa ingegnerizzazione dell'oggetto.

Buon divertimento!

 

73 de Vito, IZØGNY e Claudio, IZØHHH

 

 

 

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